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Sincerità versus onestà ("Yoga" di Emmanuel Carrère)

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  Carrère è un autore che ha il dono di farsi leggere con la stessa rilassatezza con cui si sta ad ascoltare un amico graziato dal dono dell’affabulazione. Se non si è infastiditi dalla frammentarietà e dalla sensazione di incompiutezza, “Yoga” è un libro in grado di sollevare temi profondissimi (la meditazione, la morte, la malattia, la solidarietà, la speranza, l’amore, il sesso, il mistero, la famiglia, solo per citarne alcuni) senza che la lettura diventi faticosa, grazie alla grande facilità espressiva (e narrativa) dell’autore, uno degli esponenti più noti e virtuosi della cosiddetta autofiction. Carrère parla di sé, e del suo sé più fragile e urticante, con una sincerità priva di retorica e con arguzia non scontata: se è artefazione anche questa sincerità continuamente esibita, non lo sapremo forse mai, e in fondo non ci interessa. In letteratura è più interessante il torbido del limpido ( e con questo lascio alla curiosità di chi legge l'approfondimento relativo alle a

Un Uomo ("Giù in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa" di Sergio Luzzatto)

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Luzzatto è uno storico, e da storico affronta questa biografia, finalmente consegnandoci l’opportunità di uscire dall’agiografia di Guido Rossa, e di conoscerne la complessità di persona, nel privato, nella politica, nel sindacato, nelle sue passioni e nelle sue sofferte vicende familiari e personali. Le generazioni venute dopo la mia (che in quel 1979 ero una bambina) non conoscono probabilmente niente di Guido Rossa, né di quella stagione del terrore che chiamiamo efficacemente “anni di piombo”: in una bibliografia immaginaria, per ricomporre i pezzi di quell’epoca, sicuramente avrebbe un posto importante un libro come questo, in grado di rendere tridimensionale una figura eroica come quella dell’operaio che sfidò le Brigate Rosse, pagando con la vita il suo gesto di coraggio e coerenza. Fu ucciso al buio, nell’ora in cui gli operai entrano in fabbrica per il primo turno, e la sua morte ha aiutato il nostro paese a prendere coscienza, a rigettare la logica fratricida d

L'equazione perfetta ("Quando abbiamo smesso di capire il mondo" di Benjamin Labatut)

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Nessuno è al riparo dalle insidie del marketing. Ci si casca e ci si ricasca senza posa. Ed è successo anche questa volta: Labatut ha goduto (almeno quando il suo libro è uscito in Italia) di un lancio portentoso, tra ospitate ai festival, commenti affascinati da parte di influencer, la macchina promozionale della casa editrice Adelphi. Beninteso, non si tratta certo di un libro da cestinare: casomai da lanciare stizziti dalla finestra (come mi ha detto un raffinato amico di letture, quando ne abbiamo parlato). Elementi da annotare : - tra un mese (forse meno) non ricorderò niente di questo libro; - eccesso di “riduzionismo” verso le figure di grandi scienziati: o pazzi, o santoni, o sessualmente incasinati o tutte e tre le cose insieme (a volte anche un po' maniaci); - poca trasparenza nell’ingaggio con il lettore: se sia finzione o verità lo si dichiara solo nelle note finali e non lo si chiarisce mai con esattezza; - Labatut è un giornalista, è un fascinoso uomo cileno

Centomila, uno, nessuno ("Le transizioni" di Pajtim Statovci)

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  Statovci è un giovane scrittore, finlandese di origine albanese, partito dal Kosovo a soli due anni con i genitori che fuggivano dalla guerra nei Balcani. Già insignito di premi prestigiosi, con questo suo secondo romanzo ha raggiunto subito il successo internazionale, grazie anche all’originalità della sua voce. “Le transizioni” è un romanzo non catalogabile: c’è l’Albania, divisa tra il mito della grande nazione e il baratro della miseria, c’è l’amore, libero da ogni definizione, c’è la guerra che azzera il sogno, c’è il viaggio perenne fra le identità, sempre queer e sempre fluide, c’è l’intersezionalità del dolore, oltre che delle lotte per la liberazione da un sistema patriarcal-capitalista che eteronorma e reprime. I personaggi di Statovci cambiano nome, paese e genere, alla ricerca continua di un’identità mai raggiunta, sono corpi che vivono ai margini, descritti in modo talmente spietato da illuderci a tratti che si tratti davvero di un memoir. Invece l’autore

La parata delle madri ("La figlia unica" di Guadalupe Nettel)

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  Un piccolo pacato romanzo che finalmente descrive tante maternità, nessuna delle quali aderisce al racconto sociale che ci cattura e ci imprigiona da sempre, tutte. Cinque donne , due figl*, innumerevoli madri: Laura, voce narrante, è la cerniera fra i personaggi, essendo al contempo figlia, amica, non-madre. Da osservatrice ci racconta il suo fastidio verso i piccioni che covano l’uovo del cuculo deposto nel loro nido, sulla sua terrazza: un simbolo evidente, ma ben inserito nella vicenda, che aiuta a riflettere ancora più in profondità. Di chi è il figlio che nescerà dall'uovo parassitario del cuculo? Le parole dell’autrice sono pacate, dense e piene di concretezza: un modo vincente di raccontare temi complessi come la cura, la disabilità, la morte, l’accettazione e la rabbia, la solitudine e il disagio mentale, il lutto e il rifiuto. Il Messico fa da sfondo, appena tratteggiato ma molto presente, nelle atmosfere cittadine, nei collettivi femministi, nelle forti contrapposizion

Barocco contemporaneo (“Corpi Minori” di Jonathan Bazzi)

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Se non fosse stato oggetto di una lettura condivisa non so se mi sarei mai imbarcata nella lettura di questo secondo libro di Jonathan Bazzi. C’è qualcosa che non mi convince in questo scrittore, e anche se il suo esordio (“ Febbre ”) mi aveva colpito, era stato forse più per la lettura che una voce molto bella come quella di Valentina Carnelutti ne aveva fatto su Radio Tre, infatti non l’ho propriamente ”letto”, diciamo che in quel caso l’ho decisamente “ascoltato” (vale la pena, qui le puntate). Mi dico questo un po’ con il senno di poi, e forse è vero anche che il primo libro, se di grande successo, raramente viene eguagliato dal secondo. In questo caso, l’opera seconda ha il sapore di un piatto di avanzi tolto dal frigo e riscaldato male. Non mi dilungo troppo perché sarò molto cattiva, e in tali eventualità è meglio essere veloci ed essenziali. Frasi fatte e luoghi comuni per descrivere un’educazione sentimentale che finisce per essere solo autocompiacimento immotivato. Asfissia

Illusione e ossessione (“La Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj)

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  Per qualcuno questa è fra le opere più infelici del grande padre della letteratura russa. A me sembra più corretto dire che è probabilmente una delle opere scritte durante uno dei periodi più infelici della sua vita, dove fa convergere tutto il suo dolore e dove esprime un pensiero sull’amore così assurdo e così bislacco che sembra una specie di “cura” con cui si è provato a lenire le proprie ferite. Non lo sapremo mai. Quello che ci resta è un romanzo breve e magico, epifanico, oscuro e affascinantissimo. Anche e soprattutto, nella mia esperienza di lettura, per la fragilità dell’autore che ne traspare. E’ la storia di un femminicidio narrata con un espediente quasi cinematografico: il racconto a uno sconosciuto in treno, con i flashback continui e le interruzioni di un presente che irrompe, alle fermate del treno. Ci sono molti dei topoi letterari più usati, che Tolstoj usa però prima e meglio di molti altri: il treno, il pianoforte, il viaggio notturno, l’adulterio, la gelosia,