Illusione e ossessione (“La Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj)
Per qualcuno questa è fra le opere più infelici del grande padre della letteratura russa.
A me sembra più corretto dire che è probabilmente una delle opere scritte durante uno dei periodi più infelici della sua vita, dove fa convergere tutto il suo dolore e dove esprime un pensiero sull’amore così assurdo e così bislacco che sembra una specie di “cura” con cui si è provato a lenire le proprie ferite.
Non lo sapremo mai.
Quello che ci resta è un romanzo breve e magico, epifanico, oscuro e affascinantissimo.
Anche e soprattutto, nella mia esperienza di lettura, per la fragilità dell’autore che ne traspare.
E’ la storia di un femminicidio narrata con un espediente quasi cinematografico: il racconto a uno sconosciuto in treno, con i flashback continui e le interruzioni di un presente che irrompe, alle fermate del treno.
Ci sono molti dei topoi letterari più usati, che Tolstoj usa però prima e meglio di molti altri: il treno, il pianoforte, il viaggio notturno, l’adulterio, la gelosia, l’amore malato, il potere della musica.
Pozdnyšev, il protagonista, racconta la sua drammatica vicenda a uno sconosciuto (ognuno di noi potrebbe essere quel compagno di viaggio) e mette in guardia dalle trappole spietate dell’amore carnale.
Sembra un romanzo a tesi, e la celebre postfazione in cui Tolstoj illustra, in modo a tratti delirante, la sua teoria sull’amore carnale, sembra confermarlo: ma se anche lo fosse, l’autore non è riuscito a contenere la sua emotività e la poesia ha preso il sopravvento sulla teoria morale, per fortuna di chi oggi legge quest’opera trovandoci descrizioni modernissime -poiché eterne- delle dinamiche sentimentali e sessuali all’interno della coppia.
La celebre “Sonata a Kreutzer” di Beethoven, presente fin dal titolo, non può che fare da acceleratore di passioni, in un crescendo tragico del cui esito siamo consapevoli fin dall’inizio:
“Dicono che la musica costituisca una forma di elevazione dell’anima: è assurdo, falso! […] Non eleva l’anima né la deprime, ma la eccita”.
Conciliare amore romantico e matrimonio è un’utopia borghese, sembra dirci Tolstoj, e in fondo ce lo aveva già raccontato Flaubert, con Madame Bovary.
*Lev Tolstoj, La Sonata a Kreutzer
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