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Visualizzazione dei post da agosto, 2018

Lo spazio per esistere (“Fame” di Roxane Gay)

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Sarebbe inopportuno dilungarsi sugli aspetti più fastidiosi di questo libro. Non è un romanzo, probabilmente non è neanche letteratura intesa nel senso classico del termine. Quindi il fatto che sia a tratti ripetitivo, frammentario e senza un intreccio coerente non dovrebbe compromettere del tutto l’esperienza di lettura. E’ prima di tutto la storia di una donna (che sia anche insegnante, attivista, scrittrice, editorialista, etc, è secondario) che parla del suo corpo “disobbediente”. La sua sincerità arriva come uno schiaffo, e per fortuna non c’è il minimo elemento di melodramma. La storia di Roxane Gay è una storia che bisogna avere il coraggio di raccontare, e lei l’ha trovato. Avere un corpo grasso, molto più che grasso, oggi, vuol dire tante cose che spesso sfuggono a chi non sa provare empatia: come sedersi? come prendere un mezzo? come reagire ai consigli non richiesti? come vestirsi? come difendersi? come fidarsi? come riuscire ad accettarsi? Questo è un valore ind

Si parla sempre degli assassini, quasi mai delle vittime (“Gli eroi di via Fani” di Filippo Boni)

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La prima cosa di cui vorrei ringraziare Filippo Boni è di aver scritto questo libro. La seconda cosa è di non aver citato mai Pasolini e la sua famosa poesia sugli scontri di Valle Giulia (“Il PCI ai giovani”), così fraintesa e sempre tirata in ballo.  Perché non nego che mi sia venuta in mente leggendo le storie dei cinque eroi di via Fani, tutti figli del popolo, spesso di famiglie poverissime. Cinque vite e cinque famiglie, finalmente tolte dall’ombra (che spesso era stata volutamente cercata, come riparo al dolore) e narrate con molta serietà e partecipazione. Cinque storie di uomini che hanno trovato la convergenza estrema in quel 16 marzo del 1978, quando le Brigate Rosse sequestrarono Aldo Moro uccidendo tutti gli uomini della sua scorta. Nella rivendicazione della strage i terroristi scrissero (Comunicato n.1, diffuso subito dopo il rapimento di Moro) : “la sua scorta armata, composta da cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata”. Usarono

Paese a Crescita Zero ("Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood)

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Tanto si è detto di questo libro che, scritto alla metà degli anni '80, in ogni decennio successivo (incluso quello che stiamo vivendo) è stato in grado di provocare inquietudine e sollevare un'eco sinistra. Io chi sono per non farmi inquietare da questo romanzo? Nessuno, e infatti non nego una certa sensazione di preoccupato grigiore alla lettura. Ma devo pur sempre ammettere che fra la narrativa distopica letta (forse poca?) non è l'opera che più mi ha adombrato. Non quanto 1984 di Orwell, ad esempio. Ho cercato anche di darmi una risposta, pensando alle cose che più mi sono mancate in questa storia. Capisco la necessità di un disvelamento progressivo della vicenda, capisco l'espediente del diario (audiodiario) e trovo intelligente aver utilizzato l'epilogo in forma di conferenza postuma per chiarire molti aspetti che Difred (l'ancella protagonista) ovviamente non chiarisce nella sua amarissima testimonianza. Però mi è mancata qualche descrizione in più,