Paese a Crescita Zero ("Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood)



Tanto si è detto di questo libro che, scritto alla metà degli anni '80, in ogni decennio successivo (incluso quello che stiamo vivendo) è stato in grado di provocare inquietudine e sollevare un'eco sinistra.
Io chi sono per non farmi inquietare da questo romanzo? Nessuno, e infatti non nego una certa sensazione di preoccupato grigiore alla lettura.

Ma devo pur sempre ammettere che fra la narrativa distopica letta (forse poca?) non è l'opera che più mi ha adombrato. Non quanto 1984 di Orwell, ad esempio.
Ho cercato anche di darmi una risposta, pensando alle cose che più mi sono mancate in questa storia.

Capisco la necessità di un disvelamento progressivo della vicenda, capisco l'espediente del diario (audiodiario) e trovo intelligente aver utilizzato l'epilogo in forma di conferenza postuma per chiarire molti aspetti che Difred (l'ancella protagonista) ovviamente non chiarisce nella sua amarissima testimonianza.
Però mi è mancata qualche descrizione in più, proprio perché la trovata di Margaret Atwood è molto interessante e la mia curiosità è stata in fibrillazione per tutto il libro.

Che fine hanno fatto alcuni personaggi che vengono citati solo superficialmente? Cosa pensano i Comandanti, e le loro mogli? Su quali risorse si basa lo stato di Galaad? che ne è delle relazioni internazionali? la Resistenza ha sconfitto il regime? e così via, a piacere.
L'autrice mi è sembrata troppo parca, troppo avara di dettagli e approfondimenti, troppo austera.

Curiosità frustrata a parte, il senso della vicenda è chiaro, il messaggio politico anche. La scrittura è scarna, adeguata al grigiore della società che descrive. Un romanzo affascinante, malinconico, preoccupante, ma che non nega elementi di consolazione, e di speranza. Per fortuna, al di fuori di certi cliché femminili/femministi.



*Margaret Atwood, Il racconto dell'ancella 


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