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Visualizzazione dei post da settembre, 2018

Ritratto di un intellettuale sentimentale (“Lasciar andare” di Philip Roth)

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A volte l’aneddotica intorno a un libro è utile per capire dettagli importanti: questo romanzo è il primo che Roth pubblicò, a 29 anni, e il titolo fu tradotto nella prima edizione italiana inspiegabilmente come “Lasciarsi andare” (il titolo originale è “Letting go”). Solo in seguito fu tradotto come “Lasciar andare”. Se si dovesse stare al titolo dunque, sembrerebbe davvero di aver a che fare con due libri diversi: dopo averlo letto si intuisce il perché. In quel “lasciar andare” del titolo, c’è il pronunciamento di un auspicio, la dichiarazione di una necessità, il manifestarsi segreto di un programma: se lo si muta in "lasciarsi andare", il colore della vicenda cambia, a mio parere perdendo di quota. “Letting go” è un romanzo che brulica di persone, di dialoghi, di vita: tutti, a partire dai personaggi principali come Gabe Wallach, Libby e Paul Herz, Martha Regenhart, fino ad arrivare ai comprimari e ai personaggi di contorno (penso al padre di Wallach e a m

Duellanti ("Le braci" di Sándor Márai)

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Finalmente l'ho letto. Uno di quei libri che sai di dover leggere (anche per colmare una lacuna non trascurabile nei confronti della letteratura est-europea) ma che non trovi mai il momento giusto per iniziare. Questa volta mi sono decisa, anche per capire cosa c'è in questo autore che ha incantato molti. L'esperimento non è riuscitissimo. Ho letto e ho sicuramente potuto godere di un bel libro e di una prosa di alto livello, ma ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentita delusa. Intanto, nessuna simpatia per i personaggi, né il generale Henrik né l'amico Konrad, ormai più che settantenni a rievocare la loro amicizia e la rottura della stessa. Anzi, non è esatto: a dire il vero alla fine ho provato quasi simpatia per Konrad, che tace per quasi tutto il libro e si fa apprezzare, al confronto con l'innarestabile logorroico Henrik che monologa per una notte intera e alla fine getta nel fuoco l'unica cosa che mi ha provocato un guizzo di vitale