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Visualizzazione dei post da giugno, 2020

Epidemie ("Nemesi" di Philip Roth)

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C'è spesso, nella produzione narrativa di Philip Roth, una grande attenzione al vigore fisico e alla inevitabile decadenza del corpo, sia essa dovuta alla malattia o alla senescenza. Anche in questo romanzo, l'ultimo pubblicato, insieme all'annuncio del ritiro dalla scena letteraria, una delle scene più potenti è la descrizione perfetta del lancio del giavellotto di Bucky Cantor, il protagonista, posta in chiusura del romanzo. Bucky è un personaggio imprigionato dal suo stesso senso del dovere, l'esempio perfetto di spirito vitale che lotta contro l'imperscrutabilità del fato. Lotta e soccombe, maledicendo un Dio che non comprende e nel quale non ha più fede. Di fronte a un'epidemia di poliomelite che nel 1944 colpisce il quartiere ebreo di Newark (patria reale, simbolica, affettiva e letteraria di Roth) e si accanisce soprattutto sui bambini, Mr. Cantor non riesce a darsi pace, il suo senso di colpa lo persegue fino a spingerlo a una nemesi i

Mamma Resistenza ("L'Agnese va a morire" di Renata Viganò)

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E' bello leggere cosa sia stata la Resistenza nei suoi aspetti quotidiani, soprattutto attraverso gli occhi di una donna come l'Agnese. Questa è una storia fatta di fatica, fango, nebbia e scarpe bagnate. Di rabbia, zanzare e sangue, di sentimenti materni e di fede semplice nella giustizia. Di paura e di sconforto, di miseria e coraggio. Agnese è un personaggio immenso, bellissimo, anche se parla poco, non è istruita e si sente molto insicura delle sue idee. Di lei non abbiamo un grande ritratto psicologico ma è una donna che vorresti abbracciare, stringere forte e far sentire nel giusto. Perché lo è, e il suo modo di stare dalla parte giusta è il più sincero che si possa immaginare. Anche se è grossa e non più giovane, te la immagini sempre affaccendata nella vestaglia vezzosa che i partigiani hanno rubato in una casa di collaborazionisti: all'inizio si vergogna un po' ma poi la indossa e non ci fa più caso, la scorgi nella nebbia con quella veste chiassosa che

Languir d'ennui ("Bianco" di Bret Easton Ellis)

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Non sono mai stata così fan di Easton Ellis da avere una giustificazione credibile: perché ho letto questa sua ultima pubblicazione, potendo leggere molte altre cose più significative? A un certo punto il marketing editoriale mi ha fagocitato e la curiosità ha fatto il resto. Non che mi abbia arrecato danno, intendiamoci. Le promettenti premesse erano : "finalmente una grande confessione dell'autore di American Psycho, dalla riflessione sui social e sul conformismo, dai processi sommari contro le opinioni alla dittatura dei like e del consenso immediato". La realtà invece è stata : "sprazzi di brillanti riflessioni annegate nell'ego dell'autore, noto anticonformista e bastian contrario, che come tutti coloro che invecchiano (male) non è esente dal pensare che i giovani millennial sono tutti inetti e ignavi". Non aggiungerei altro. Ah sì, c'è anche qualche impopular opinion su Donald Trump. Godibile a tratti, ma innegabilmente evitabile. * Bianc