Amarti m'affatica (“Felici i felici” di Yasmina Reza)

 

Il mio incontro con Yasmina non è stato tra i più fecondi, chissà perché mi ero fatta tutta un’altra idea di questa autrice.
Pensavo del tutto ingiustificatamente di trovarmi tra le braccia di una Azar Nafisi (perché mai poi?), invece mi sono trovata con una signora dell’intellighenzia francese che non mi ha destato grande empatia.
L’opera in questione, composta da un serie di racconti affidati a un reticolo di personaggi in vari modi collegati tra di loro (anche questo mi è parso un dejà vu, ma chissà) sono descrittivi di un mondo che l’autrice conosce bene, milieu parigino intellettuale alto borghese.
Certo, non sono ambienti in cui non faccia capolino la morte, la malattia, il dolore, la menzogna, la violenza, la meschinità, ma c’è stato qualcosa che ha assunto un sapore di teatralità e di  artificio durante la mia esperienza di lettura.
Yasmina Reza in effetti è una drammaturga sapiente nel creare un ritmo narrativo, nel tratteggiare i personaggi e nel combinare gli intrecci, oltre che elegante e pulita nel lessico: questo “romanzo atipico” è sicuramente una prova riuscita di messa in scena del suo fulcro narrativo, incentrato sulla dissezione cinica delle relazioni.
Sono (siamo?) tutte creature incapaci di essere felici, incastrate nell’illusione che possa essere l’amore la chiave, mentre forse è proprio la mancanza di pretese verso la felicità a farcela intravedere davvero.
Yasmina Reza non giudica, non moraleggia, ci fa capire che la felicità giunge per caso, felici i felici, ma soprattutto i fortunati.
Una lettura non sgradevole, ma purtroppo dimenticabile.
Non invogliata a leggere, per ora, altre cose di questa autrice: la sua malinconia, se c’era, è rimasta impigliata in un format, mentre è nella nudità che si giunge al fondo.


* Yasmina Reza, Felici i felici. 

 


 

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