Gerda, l’inafferrabile (“La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek)

 


Un romanzo divisivo: mi sono resa conto che in molti l’hanno letto con fatica e l’hanno ritenuto addirittura sopravvalutato, poiché ha vinto il Premio Strega nel 2018.

In realtà è un libro che non ammicca e non sceglie, consapevolmente, la strada della seduzione, pur avendo come soggetto una figura affascinante e misteriosa, in un periodo storico esaltante e persino epico.

La storia pressoché sconosciuta di Gerda Taro, fotoreporter di guerra rimasta uccisa sul fronte resistente spagnolo nel 1937 a soli 27 anni, alla fine non poteva che essere raccontata così, in modo corale e nostalgico a tratti, ma anche didascalico e documentatissimo e allo stesso tempo immaginifico e misterioso. Stile raffinatissimo, a partire dalla costruzione temporale e dall'uso del flashback, dal lessico multilingua e dalla descrizione ellittica di ambienti e epoche: un romanzo che non spalanca subito le porte, ma le socchiude piano per poi attrarre in una semi oscurità piena di charme.

Gerda, il cui vero cognome era Pohorylle, nata a Stoccarda da famiglia ebrea, incarnava quella gioventù antinazista emancipata e libera che negli anni Trenta lascia la Germania per approdare a una Parigi crocevia di esperienze, fermenti, ma anche di profughi e fuggitivi.
Ed è proprio uno di questi profughi, di origine ungherese, a determinare il destino di Gerda: André Friedmann, giovane fotografo che le insegnerà a usare la Leica e che a lei deve il nome con cui è diventato una leggenda, Robert Capa.

Con lui decise di andare a documentare la resistenza repubblicana spagnola, con lui visse i suoi ultimi anni tra Parigi e il fronte, tra euforia, amore, impegno e persecuzione, in anni epici che videro la dissoluzione di una generazione e dell’intera Europa in una Guerra Mondiale culmine di atrocità.

Gerda rimane tuttavia un personaggio lontano, sfuocato anche attraverso le sue foto alle combattenti spagnole: il suo racconto narrato da tre punti di vista, tre personaggi importanti della sua vita, oscilla tra nostalgia, rimpianto e risentimento, lei così piena di vita e inafferrabile:

Era la gioia di vivere. Qualcosa che esisteva, si rinnovava, accadeva ovunque […]”.

Fuori dal mito, dentro la storia, fugace apparizione, simbolo dai contorni sfumati: Gerda sembra essere tante cose e nessuna, frivola e rivoluzionaria come una ragazza ha sempre il diritto di essere.

* Helena Janeczek, La ragazza con la Leica.

 


 

 

 



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