Il Re dei Delinquenti ("M. Il figlio del secolo" di Antonio Scurati)


Ho finito questo libro, ponderoso e poderoso, diversi mesi fa. Ma non sono riuscita a scriverne subito, non so bene per quale motivo.
Ho sentito una specie di resistenza, sensazioni ambigue: mi è allo stesso tempo sembrato attraente e respingente.
In questi giorni poi ho appreso che a breve andrà in scena lo spettacolo teatrale tratto dal volume, con Massimo Popolizio, anche regista, e Tommaso Ragno, attori che mi piacciono molto, e quindi mi sono convinta che sia utile superare la mia ambiguità. Anche perché mi piacerebbe davvero vedere lo spettacolo.
Innanzitutto sono contenta di averlo letto, anche se non so ancora se proseguirò la lettura con il secondo volume (M. L’uomo della provvidenza, dove si affronta il periodo del potere, dopo l’ascesa che è al centro del primo volume): è istruttivo, labirintico, a tratti agghiacciante, ma sicuramente apre tanti squarci di consapevolezza sulla figura di Benito Mussolini e di molte e molti altri personaggi (o meglio, persone, poiché reali) che hanno costellato gli anni dell’ascesa del fascismo al potere.
Ci sono eventi, sconosciuti ai più, che lo storico Scurati mette in mano al romanziere Scurati e ne fa rappresentazione drammatica, quasi teatrale, sicuramente molto cinematografica.
Sono solo sei anni, passati al microscopio dall’autore, che hanno cambiato molte cose, forse il mondo intero, se si pensa all’impatto della dittatura fascista anche oltre i confini nazionali.
Sono narrati eventi così casuali e così densi di conseguenze che il sangue spesso si gela nelle vene, al pensiero: come sarebbe andata se... ?
Le letture politiche della Storia sono affascinanti, proprio perché le responsabilità sono più chiare e errori e vergogne sono equamente ripartiti: i fascisti si, ma anche il re, il Papa, i socialisti, i borghesi, gli intellettuali compiacenti, e così via. Tutti compartecipi verso il disastro.

Impossibile non pensare alle similitudini con l’attualità: emergono da sole, proprio per i ricorsi storici che rendono indispensabile non perdere mai memoria di quanto accaduto.
La scalata al potere di un uomo che risulta irresistibile, anche grazie all’inettitudine della politica, un uomo che riesce a pronunciare la frase fatidica al Parlamento, al momento in cui si impadronisce del Paese : Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere.
Non c’è qualcosa di sinistramente attuale in questa proterva rivendicazione di colpevolezza?

Su tutto, la prosa algida e distaccata dell’autore (che qualcuno ha -secondo me erroneamente- scambiato per indulgenza) e lo scenario deprimente di un paese muto, annebbiato, passivo.
Unica fiammella di calore e sorgente di empatia, nella mia esperienza di lettura, le lettere tra Giacomo Matteotti e la moglie, umanissime e dolorose.

* M. Il figlio del secolo, Antonio Scurati



 

 

 


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