Un grande spirito (“I fratelli Karamazov” di Fëdor Michailovič Dostoevskij)





Chi legge Dostoevskij non si riprenderà più, per tutta la vita, come ha scritto Paolo Nori (qui il post), preciso come una freccia dentro la Russia che ognuno si porta dentro.

C’è naturalmente imbarazzo da parte mia a dire alcunché su questo romanzo-mondo, non credo di essere capace in poche battute di dare una descrizione sufficiente del viaggio che regala la lettura de “I fratelli Karamazov". Spero solo di convincere qualcuno a leggerlo, se non l’ha fatto.

Trovo quasi incredibile che una persona come Dostoevskij sia realmente vissuta (e guardare le sue foto e trovarlo somigliante a Leonardo di Caprio non mi aiuta): la sua stessa vita è un capolavoro, i suoi romanzi sono vere e proprie manifestazioni del sublime dinamico, leggerlo rappresenta amplificare il proprio mappamondo emotivo.

Aveva 28 anni quando ha guardato di fronte a sé un plotone di esecuzione, per poi trascorrere 4 anni in una prigione in Siberia.
Dostoevskij è un uomo (anzi solo un ragazzo) che riesce a scrivere queste parole al fratello, mentre lo stanno spedendo in una fortezza-galera che assomiglia all’inferno (la “casa dei morti” di cui scriverà poi) : “La vita è dappertutto, la vita è in noi stessi e non fuori di noi. Accanto a me ci saranno sempre degli esseri umani, ed essere uomo tra gli uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura avvilirsi, o perdersi d’animo: ecco in cosa consiste la vita, ecco il suo compito. Ne ho preso coscienza ora. Questa idea è entrata nella mia carne e nel mio sangue”.

I fratelli Karamazov sono pazzeschi come il loro autore, contemporaneamente santi e immorali, pazzi e geniali: così potenti nel carattere da fondare una vera a propria estetica karamazoviana.
Karamazoviano è l’istinto di autodistruzione, l’orgoglio, il labirinto intellettuale, karamazoviana è la passione, la vendetta, la fede, l’intelligenza, la follia.

Tra caso e necessità si insinua la libertà: Dimitrij Karamazov ne pagherà il prezzo, mentre Ivan Karamazov sacrificherà il proprio senno al desiderio, e solo Aleksej Karamazov troverà nella fiducia verso il futuro la propria scialuppa di salvataggio.

E’ un mondo bellissimo costellato di personaggi meravigliosi “I fratelli Karamazov”, ma è soprattutto una specchio magico verso il futuro, per la modernità stupefacente che emana ad ogni pagina.
Non è forse una specie di “Perry Mason” tutto il processo a Mitja? E il capitolo sul Grande Inquisitore non fa forse già intravedere Borges?

Non c’è scampo. Dostoevskij è una giostra dalla quale non si scende più. 

Quindi, avanti. La Russia attende.

* Fëdor Michailovič Dostoevskij, I Fratelli Karamazov (ediz Garzanti, traduzione di Fausto Malcovati).

Ps: 
Poi accadde. Una sera, mentre la pioggia batteva sul tetto spiovente della cucina, un grande spirito scivolò per sempre nella mia vita. Reggevo il suo libro tra le mani e tremavo mentre mi parlava dell’uomo e del mondo, d’amore e di saggezza, di delitto e di castigo, e capii che non sarei mai piú stato lo stesso. Il suo nome era Fëdor Michailovič Dostoevskij. Ne sapeva piú lui di padri e figli di qualsiasi uomo al mondo, e cosí di fratelli e sorelle, di preti e mascalzoni, di colpa e di innocenza. Dostoevskij mi cambiò. L’idiota, I demoni, I fratelli Karamazov, Il giocatore. Mi rivoltò come un guanto. Capii che potevo respirare, potevo vedere orizzonti invisibili”.
John Fante, La confraternita dell’uva .

"«Dostoevskij è morto» «Protesto! Dostoevskij è immortale!»
Michail Afanas'evič Bulgakov, Il Maestro e Margherita






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