Non si può rifare la realtà (“Everyman” Di Philip Roth)






Sto rileggendo molte cose di Roth, altre devo ancora affrontarle per la prima volta.

Seguo il desiderio di voler sapere tutto della sua opera, di conoscerla alla perfezione per amarla sempre di più.
Ho anche capito che in una fase come quella che stiamo vivendo, di quarantena e di emergenza sanitaria e sociale, leggere Roth mi cattura, ed è quello che vado cercando.

Everyman è una rilettura, illuminante proprio in questo suo ritornare.
Si tratta di un racconto lungo (o romanzo breve) che attraverso il titolo evoca un noto morality play inglese della fine del Quattrocento.

Il protagonista non ha nome, è l’uomo qualunque (o meglio è l’uomo che tutti potremmo essere), che compie la sua galoppata nella vita, andata e ritorno dalla sua stessa morte.

Il pensiero della morte si snoda lungo tutto il racconto, ma non una morte intesa come il vuoto che tutto inghiotte.
Una cosa che la morte non potrà cancellare è l’aver vissuto di un uomo, i suoi errori, il suo viaggio dentro la decadenza fisica e la malattia, il suo rimpianto e il suo vitalismo, la sua solitudine e la sua fragilità.
La figlia Nancy lo ricorda con una delle frasi con cui era solito confortarla : “Devi prendere le cose come vengono. Tener duro e prendere le cose come vengono.”

Non è la storia di una infelicità, né la narrazione di un lutto. La realtà non si può rifare, dice il protagonista, ed è con la consapevolezza di aver avuto il grande dono della vita che si affida alla morte, senza saperlo e perciò con serenità. Con la stessa emozione mista con cui si cammina in un vecchio cimitero.

Everyman è la vicenda umanissima di un “Ognuno”, narrata senza troppo rimpianto, senza giudizio, senza moralismi.

Non trovo in questa storia velleità universalistiche da parte dell’autore: lo leggo come il racconto del breve passaggio di un essere umano, né eccelso né pessimo, in questo mondo.
Un uomo che non scompare dissolvendosi nel nulla, ma resta in parte attraverso ciò che ha fatto e che ha vissuto.
La morte è pur sempre un grande mistero, ma non è qui che si intende risolverlo.

Mi ricorda qualcuno che ho già letto e apprezzato, qui.


* Everyman, Philip Roth



 

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