La vita degli altri (“Stoner” di John Williams)




Sembra a tutti così piatta questa esistenza di William Stoner che, a leggere in giro recensioni e critiche, rischia lui stesso di diventare il simbolo antonomastico della vita noiosa.

Eppure, quando finalmente ho letto questo romanzo, ho trovato un ragazzo povero che riesce a prezzo di grandi sacrifici a laurearsi, a diventare un docente universitario (ancorché senza grandi prospettive di carriera accademica, ma senza dubbio con tanta passione), a farsi una sconclusionata famiglia (le famiglie sono tutte tolstoianamente infelici), a vivere una passionalissima storia d’amore, a duellare professionalmente con un collega.

In tutta sincerità, dove sta la noia?

Certo, Stoner sposerà una grandissima stronza, senza avere mai né il coraggio né la voglia di liberarsene. Ma davvero si pensa che non sia la stessa condizione di migliaia di altri uomini?

Avrà poca determinazione per prendere in mano la sua carriera, lascerà che la sua storia d’amore soccomba di fronte al moralismo e alla cattiveria altrui, si arrenderà e non sarà capace di salvare la figlia dalle esalazioni di una madre tossica.

Ancora però non mi pare così ignavo da dover meritare un girone infernale.

Stoner è un everyman (come non pensare a lui?), che in molti potremmo giudicare passivo, senza qualità, senza coraggio. Solo i più intellettualmente onesti forse ammetteranno che ci somiglia molto più ad esempio del Conte di Montecristo, e che ci sollecita molta più empatia.

La sua dirittura morale, al limite dell’autolesionismo, non fa di lui dunque un Uomo Degno ?
E l’apparente asetticità dell’autore non nasconde invece il tentativo di far risaltare quanto è limpida e trasparente l’anima di William Stoner? Basterebbe rileggere le pagine finali per capire quanta comprensione scorre tra l’autore e il suo personaggio.

E’ una lettura malinconica, non c’è dubbio. Ma io mi oppongo con forza a chi si riferisce alla vita di Stoner come una vita “qualunque”.
Offro come prova un saggio piccolissimo:

Trascorreva quasi tutto il giorno in biblioteca e a volte rientrava a casa da Edith la sera tardi, quando il profumo del caprifoglio si levava nell’aria tiepida e le foglie delicate dei cornioli rotolavano in terra come fantasmi nel buio. Aveva gli occhi che gli bruciavano per lo sforzo di doversi concentrare su quei vecchi libri, la testa appesantita dalle letture e le dita che gli formicolavano al ricordo del contatto con il cuoio, il legno e la carta. Ma in quelle brevi passeggiate si apriva al mondo e vi trovava anche una qualche gioia”.


* John Williams, Stoner


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