Ufficio Affari Riservati ("La bomba. Cinquant'anni di Piazza Fontana" di Enrico Deaglio)
"La memoria non è lamentoso esercizio ad uso delle nostalgie dei vecchi, è la chiave per capire il nostro presente".
Così Luciana Castellina nella prefazione ad un altro libro dedicato a Piazza Fontana, in questo cinquantennale che vede, per fortuna, moltiplicarsi le pubblicazioni su una delle vicende più oscure e agghiaccianti della nostra storia recente.
Nel leggere il libro di Deaglio, che con la sua solita grande capacità narrativa racconta, intreccia e svela, mi son chiesta come sia stato possibile che i cittadini italiani non siano insorti, come sia ancora oggi possibile che nessuno abbia pagato e che sia stato accettato e quasi digerito il concetto di "strage di Stato".
E' pur vero che siamo ormai abituati al male, alle menzogne di governo, alle necessità contingenti, alle falsificazioni e ai poteri occulti, agli omicidi legalizzati, alle guerre preventive basate su bugie: non c'è fine né confine all'interpretazione distorta del potere e alla sua disinvolta promiscuità con il crimine, quando serve.
Eppure ancora oggi sconvolge leggere di come si poté contare su una rete omertosa di funzionari e servitori dello stato, che anche a distanza di decenni non hanno mai aperto la bocca, di come si omisero scientemente dettagli ed elementi utili a chiarire la vicenda, di come si ostacolarono con ogni mezzo i (pochi) magistrati e i testimoni che tentarono di arrivare alla verità.
Come è potuto accadere? ci si chiede leggendo il libro.
Poi, man mano, si capisce non solo il come, ma anche il perché sia potuto accadere, e l'unica reazione che si impone, dopo la rabbia amara, è la voglia di raccontare, di informare gli altri, quelli che non sanno, che non c'erano, che non erano nati o erano piccoli.
Quelli che se gli racconti la storia di Piazza Fontana pensano che tu stia parlando di un film, quelli che ancora non ci credono e quelli che non hanno capito di cosa siano stati capaci i filonazisti di Ordine Nuovo, con la protezione e l'indirizzo dello Stato.
“La bomba venne preparata e collocata dal gruppo veneto di Ordine Nuovo, un’organizzazione nazista con forti agganci e protezioni ai vertici dello Stato italiano, che non fece nulla per impedirlo. Questo libro, dunque, segue i cinquant'anni della costruzione di una grande menzogna e la generosa tenacia di chi ha cercato di opporsi alla 'macchina'. [...] quando leggerete quanta protervia, quanta ‘organizzazione industriale’, quanta volgarità venne usata per costruire il falso su piazza Fontana, probabilmente penserete che gli attuali demagoghi non hanno inventato niente; anzi, che Piazza Fontana è stata il loro modello. E che tutto ciò venne costruito non da geni del male, ma piuttosto da burocrati immobili, magistrati pavidi, politici spaventati, funzionari corrotti: tutti al servizio di un piccolo gruppo di psicopatici”.
La banalità del male, si potrebbe citare ancora una volta (e non sarà l'ultima). Ma è più bello usare i termini che usa Enrico Deaglio, protervia e volgarità. Protervia. Volgarità.
Usiamoli, per raccontare questa storia, e la verità, ai giovani e agli studenti, abbandonando qualsiasi tentazione di eliminare lo studio della storia dalle nostre scuole.
Che di velenosa e proterva volgarità ne abbiamo già tanta da combattere.
* Enrico Deaglio, La bomba. Cinquant'anni di Piazza Fontana.
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