Testa fra le donne ("Don Giovanni in Sicilia"di Vitaliano Brancati)








La lettura dei classici determina un effetto tonificante, risveglia il gusto di una lingua raffinata, di termini desueti, offre una specie di balsamo all'amante del bello scrivere, apre ricordi e nostalgie e rinverdisce la consapevolezza di un amore senza tempo per la letteratura.

Ecco un romanzo breve dei primissimi anni Quaranta, uno scrittore raffinato, che è stato intellettualmente onesto anche con i suoi iniziali percorsi politici (abbandonò presto la fascinazione verso il fascismo, rinnegando questa sua fase e dichiarando addirittura di provare ribrezzo), un uomo che si innamora di una attrice, Anna Proclemer, una mente libera che incapperà anche nella censura democristiana degli anni  dopo la Guerra, un grande sceneggiatore. Un uomo che la sera prima di essere operato per un intervento a seguito delle cui complicazioni trovò poi la morte, andò al cinema con la moglie Anna, dicendo a tutti "sono sereno".

Basterebbe già la biografia dell'autore, Vitaliano Brancati, a sommergere testa e cuore.

La lettura di "Don Giovanni in Sicilia" è consigliata a chi ama l'ironia, a chi coglie il grottesco nei dettagli, a chi vuole gustare l'eleganza della "sicilianità", a chi vuole godere di una lingua colta che non rinuncia ai termini dialettali e che rievoca un mondo sospeso, fatto di sguardi amorosi, di notti insonni, di dolci appetiti e di pomeridiane sonnolenze. Sensualità e solarità meridionale sapientemente amalgamate con un illuministico umorismo.

A Brancati dobbiamo l'invenzione del "gallismo" siciliano, cioè l’«avere i sogni, e la mente, e il sangue stesso perpetuamente abitati dalla donna». Brancati però aggiunge una caratteristica essenziale, vale a dire, il fatto che tale onnipresenza mentale della donna «porta che nessuno sa poi reggere alla presenza di lei».

Ed eccolo il Don Giovanni di Brancati, colto nella sua essenza, precipitare in un piccolo mondo pigro e immobile, e noi con lui :

"Era accaduto un fatto così enorme che, se l'avesse semplicemente sognato, egli sarebbe rimasto per un mese sottosopra, e ogni notte sarebbe entrato nel letto col batticuore, temendo di avere per una seconda volta quel sogno piacevole e pauroso.
La signorina Maria Antonietta, dei marchesi di Marconella, lo aveva guardato!

[...]
la nobile signorina toscana non aveva guardato Giovanni Percolla di sfuggita , con quello sguardo che ci passa sulla faccia come un barlume di sole rimandato da un vetro che venga chiuso o aperto: ma, al contrario, lo aveva guardato in pieno viso, al di sopra del naso, forse negli occhi, ma non proprio nelle pupille, piuttosto fra i sopraccigli e la fronte, che era la parte della persona in cui Giovanni preferiva di essere guardato, e che metteva subito avanti nella sala del fotografo, sebbene costui gli dicesse affettuosamente: "ma così mi venite come un bue!". E in tal modo, non lo aveva guardato per un istante, ma per un intero minuto [...].
Bisogna poi aggiungere che la storia più importante di Catania non è quella dei costumi, del commercio, degli edifici e delle rivolte, ma la storia degli sguardi. La vita della città è piena di avvenimenti, amicizie, risse, amori, insulti, solo negli sguardi che corrono fra uomini e donne; nel resto, è povera e noiosa".


* Vitaliano Brancati, Don Giovanni in Sicilia

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