Prima o poi la memoria arriva ("Dopo le fiamme" di Fernando Aramburu)









La prima cosa da sapere prima di leggere questa raccolta di racconti è che sono stati scritti PRIMA di “Patria”, il grande successo internazionale di Fernando Aramburu (di cui si parla qui).

L’editore italiano, un po’ furbescamente, li ha ripubblicati di recente, con una fascetta equivoca, presentandoli implicitamente come una specie di seguito del romanzo con cui l’autore è diventato noto in Italia.

Se così fosse stato, in effetti, avrei storto il naso ed espresso indignazione verso l’autore, attribuendo a lui la furba operazione editoriale di pubblicare dei racconti un po’ a traino del più noto “Patria”.


Tra l’altro, per rinsaldare ben bene l’equivoco, ho anche letto da qualche parte qualcuno che ha definito la raccolta di racconti “Dopo le fiamme” come la “prosecuzione morale” di “Patria.

Invece diciamo subito che così non è, poiché sono stati scritti prima e probabilmente il processo creativo è stato inverso. Nei racconti si ritrovano infatti molti grandi temi del più noto romanzo: dalla linea grigia che esiste fra bene e male, alle tipologie di personaggi, mai solo buoni o solo cattivi, dalla coralità della narrazione alla sottile ironia di certe descrizioni, fino alla poesia delle emozioni, sempre descritte con semplicità e mai banali o troppo cariche di drammaticità, anche quando riferite al lutto e alla morte.

Si ritrova in questi racconti, che sono spesso dei piccoli quadri, il tono di “Patria”: sono figure e scenari che a tratti mi ricordano Saramago, a tratti i fumetti di Trillo e Altuna, ma che forse stanno assumendo pian piano un colore peculiare tanto da essere atmosfere e personaggi di Aramburu e basta.
La scrittura diventa strumento di memoria , verso un periodo e un passato ancora molto vicino, quello del separatismo basco e del sangue versato durante la stagione delle bombe e degli attentati terroristici. Uno strumento ancor più utile quando non vi è stata nessuna reale e collettiva riconciliazione pubblica con quel passato.

Servirebbe un Aramburu italiano, per aiutare a costruire anche nel nostro paese una memoria condivisa sugli anni di piombo, ché penso ce ne sarebbe tanto bisogno.

Voglio riportare qui una frase dell'autore, che ho letto in una sua intervista. Mi piace perché c'è molto del suo modo di intendere e descrivere il mondo: nessun autocompiacimento, tanta quotidianità e tanta umanità.
Ho conosciuto la modestia, non la povertà. Però non volevo finire in una fabbrica rumorosa e sporca come mio padre, allora ho cercato di emergere nello sport, prima nel calcio e poi nel ciclismo. Non ci sono riuscito. Così ho scoperto i libri e sono qui».


* Dopo le fiamme, Fernando Aramburu




Commenti

Il post più letto del mio blog

Game set match ("Open" di Andre Agassi)

Verosimile sia il dolore sopra ogni cosa (“Una vita come tante” di Hanya Yanagihara)

Sotto il Mondo delle Parole ("Underworld" di Don Delillo)