La mela e l’albero (“Il castello di vetro” di Jeannette Walls)






Il mio viaggio di esplorazione nel mondo delle famiglie disfunzionali, disastrate e infelici prosegue.

Ed ecco una nuova tappa, con questo best seller americano da milioni di lettori, che ha avuto anche un recente adattamento cinematografico (che ancora però non ho visto).

Forse avevo qualche pregiudizio quando ho intrapreso la lettura, e mi sono resa conto terminando il libro, che dipendeva dal modo che stampa, critici e recensori vari hanno avuto di descrivere questa vicenda e la vita dell’autrice .

Si nota una incomprensibile generalizzata esaltazione del lato romantico della storia: io sono invece rabbrividita spesso e volentieri leggendo le vicende che hanno coinvolto questi 4 bambini, fra cui l’autrice, che hanno avuto la sorte di essere stati messi al mondo da due adulti incapaci di badare anche a se stessi.

Non sono riuscita a provare empatia verso questa madre bipolare e terribilmente egoista, né verso il padre alcoolizzato, anche se raffigurato attraverso lo sguardo di Jeannette, che non nasconde il rapporto di profonda sintonia e amore che ha avuto con Rex, il padre.

Ma davvero possiamo intenerirci perché lui dice ai figli di scegliere una stella come regalo di Natale, per nascondere il fatto che è tornato a mani vuote, essendosi bevuto tutto quanto?

Non mi ritengo moralista, né difetto di simpatia verso le fragilità umane, ma in questi due genitori manipolatori , che vampirizzano emotivamente i figli, non trovo molto da comprendere.

Anche se si intuisce che a loro volta sono vittime di comportamenti abusanti, quantomeno il padre Rex.

I bambini invece, anche se non tutti ugualmente approfonditi nelle descrizione, sono i grandi dignitosi protagonisti: personalmente ho trovato la loro consapevolezza davvero toccante.

In fondo la vera tesi del libro è la possibilità di costruirsi una propria identità a prescindere dalle difficoltà del contesto in cui si cresce.
La mela può cadere assai lontano dall’albero, e questa è la diversità che garantisce la continuità della vita.

La scrittura in ogni modo migliora col progredire delle pagine: una certa iniziale ripetitività, fatta di continue fughe e cambiamenti di alloggio, lascia spazio al dispiegarsi della vicenda quando la famiglia si stabilisce nell’ultima (fatiscente) residenza, a Welch, in West Virginia.
Da lì, con una Jeanette ormai ragazzina, la lettura ha preso il volo, fino all’epilogo che la vede adulta a New York e ormai in grado di difendersi da questo patologico contesto familiare, cosa che invece non riuscirà alla sorella minore, Maureen.

Non è un capolavoro della letteratura di tutti i tempi, lo ammetto, ma l'ho trovato ben scritto e fortunatamente libero da velleità moraleggianti e da eccessi di sentimentalismo. Mica poco. 


* Jeannette Walls, Il castello di vetro 



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