Storia tribale del potere in Italia ("Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua" di Filippo Ceccarelli)




Lettura appassionante per chi ama la politica delle persone, dei corpi, degli aneddoti, del grottesco e delle umane miserie.

Il potere è vanità e di esso, una volta perso, non rimane che il vuoto: è un po' questo il distillato delle quasi mille pagine del libro di Ceccarelli, un viaggio appassionante nella memoria, indispensabile quando il risveglio è in un presente privo di ricordi.

Sembrano passati secoli da alcune stagioni politiche: vi ricordate Craxi e la sua passione per Anja Pieroni? Oppure i primi leghisti e l'ampolla con l'acqua del sacro fiume Po? I democristiani in grisaglie, le barzellette di Berlusconi, i guai familiari di Gianfranco Fini, il caso Lockeed e Martinazzoli, Martelli enfant prodige, l'I care di Veltroni... la penna brillantissima di Ceccarelli (che è stato uno dei più noti giornalisti politici) è in grado di intrattenerci per pagine e pagine, non sempre e non solo con ironia e lieve crudeltà, ma anche con riflessioni più ampie che nascono dall'osservazione antropologica della classe dirigente del nostro paese.

Un "bestiario" di piacevole lettura, che nonostante la lunghezza ha soddisfatto curiosità, alimentato interessi, risvegliato ricordi e sollecitato anche più di una malinconia.

Nostalgia per una politica che non c'è più, ormai divorata dal sovraccarico informativo, dalla bulimia di immagini, dall'ansia di apparire, dalla fretta, dall'incultura. 

Così ha dichiarato l'autore in un'intervista:

"Le classi dirigenti del passato erano transitate per i consigli comunali, provinciali e regionali, le segreterie della federazioni locali, i comitati provinciali, avevano fatto i portaborse, poi gli assessori. Venivano da esperienze come l’occupazione delle terre o le lotte in fabbrica, il sindacato, era un cursus honorum che durava vent’anni, a volte di più.

“Questi qua” vengono dalla televisione. I nomi e le cose risuonano nell’immaginario secondo suggestioni curiose; il programma di esordio di Renzi è “La ruota della fortuna”, un tema machiavellico. La fortuna viene, la fortuna va; si adatta perfettamente al personaggio. Salvini da un programma che si chiama “Doppio slalom” e da un altro: “Il pranzo è servito”. Sono titoli che sono quasi un destino. Questo genere di scuola fa sì che questi nuovi siano molto rapidi.

Per fare il telequiz bisogna essere veloci. Per loro la rapidità è il ritmo, e la velocità è tutto. Hanno la battuta subito, l’idea subito, il cambio subito, ma anche l’errore subito nei social: la chat sbagliata, la foto con il criminale. Tutte cose che costituiscono tutto il contrario della classe dominante precedente: la pazienza, la cautela e una riflessione che teneva conto della complessità. Ora è invece una specie di rotolata veloce verso il risultato apparente e appariscente
".

"Il potere logora chi non ce l'ha", diceva Giulio Andreotti, mentre Julia Kristeva ammonisce " il narcisismo è la demenza della nostra era". 

Io, nell’incertezza, resto legata agli ideali della mia giovinezza, come Enrico.

Berlinguer.


* Invano. Storia del potere da De Gasperi a questi qua, Filippo Ceccarelli


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