Ludus Est Nobis Constanter Industria * (“Vita segreta della bambola solitaria” di Jean Nathan)






Ci sono vite di persone, sconosciute ai più, che hanno un potenziale narrativo straordinario, aprono varchi drammatici verso dimensioni inesplorate e imbastiscono, loro malgrado, orditure inimmaginabili verso mondi letterari anche lontanissimi.

E questo sarebbe il caso di Dare Wright, modella, fotografa e scrittrice di libri per bambini, al centro del libro di cui parliamo, insieme alla figura della madre Edie, pittrice e madre patogena, vera e propria cannibale della vita della figlia.

Si narra di una ipotesi di trasposizione cinematografica con Jessica Lange e Naomi Watts come protagoniste. Impossibile non pensare a Bette Davis, a Joan Crawford, alla Baby Jane o alla dolce Carlotta dei celebri film di Aldrich.

La centralità della bambola Lenci di nome Edith poi richiama alla memoria tutta una serie di suggestioni, che vanno oltre le bambole assassine e delle case di bambola ibseniane.

Per non parlare dell’affascinante mondo americano degli anni ’50 e ’60, che in tutta la prima parte del romanzo ci fa intravedere cocktail, ricevimenti upper class, un american way of life fatto di opportunità creative e cambiamenti continui.

Un tema dunque che letterariamente è una bomba.

La scelta dell'autrice Jean Nathan, giornalista newyorchese, di utilizzare uno stile biografico privo di ricchezza, piano e scorrevole, non rende troppa giustizia alla magnificenza evocatrice della storia.
Che al di là del piano di lettura più gotico, possiede anche una sottotrama emotiva forte, una evanescenza malinconica legata alla figura di Dare e al suo spaesamento affettivo.
E’ lei stessa, dopo la morte della madre, a confidare ad un’amica il suo perfetto epicedio:
“Lo sai, il mondo è diventato troppo reale per me. Non appartengo a questo posto”.

Un folletto rimasto bambina in eterno, una donna affamata di amore e al contempo un’analfabeta affettiva. Una fragilissima vittima di una madre egoista con disinvoltura.
La sua bellezza di fata e la sua dolcezza infantile hanno sempre attirato molte persone, ma nessuno è mai riuscito a lenire la sua solitudine.
Peccato per il piglio cronachistico e distaccato che non testimonia della nostalgia dichiarata dalla stessa autrice.

* l’acronimo di questo motto in latino è LENCI, il nome della fabbrica torinese produttrice delle omonime famosissime bambole di feltro e ceramica, di cui Edith era un pregevole esemplare. Tanto per aggiungere fascino narrativo alla vicenda, la storia dell’Industria Lenci è davvero bellissima.




Jean Nathan, Vita segreta della bambola solitaria




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