Vivi-Sezione ("La ragazza dai capelli strani", David Foster Wallace)





Non è facile, lo so.

Qui stiamo parlando di uno dei mostri sacri della mia generazione.
Stiamo parlando di genialità e di grande sofferenza. Di un uso magistrale delle parole.
Stiamo parlando di quella sottilissima e rarissima abilità di mischiare insieme umorismo, angoscia e crollo delle certezze.

Sono ormai tanti giorni che mi riprometto di scrivere qualcosa su questa raccolta di racconti ma ho rimandato per non sapere da che parte agguantare la cosa.

Intanto sono racconti, e già questo non rende facilissimo descrivere l'effetto che fanno.

In più sono diversissimi fra loro e anche all'interno di ognuno non è che ci si raccapezzi con facilità. Bisogna scordarsi le strutture classiche di intreccio e trama e lasciare che il racconto si compia, attraverso l'uso espertissimo di un linguaggio moderno ma non per questo poco comprensibile. Insomma DFW non è un futurista che scrive in modo incomprensibile, anzi.
A voler dare definizioni a caso mi verrebbe da dire classico iperpostmoderno. Anche se mi rendo conto che non vuol dire niente.

Raymond Carver, Bret Easton Ellis, Chuck Palahniuk, tutti centrifugati insieme per estrarne un distillato che è diverso da tutti loro e al contempo li riassume.
E che è il ritratto più figurativo e allo stesso tempo più concettuale dell'America degli anni Novanta.
Le vicende sono fantastiche, originali, seducenti. I personaggi sono magnetici, anche quando sembrano repellenti.

Vi è una distanza siderale dalla visione romantica delle cose: qui non si tratta di passioni tristi ma di passioni non autentiche, di impotenza e incomprensione. Un paradigma del tutto diverso, dove parlare di speranza o anche di crudeltà sarebbe fuori contesto.

* La ragazza dai capelli strani, David Foster Wallace
 

 

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