Senza piangere (“Patria” di Fernando Aramburu)
All’inizio ho pensato : "è un romanzo dalla forte valenza politica, si parla dell’ETA, del terrorismo basco, del pensiero indipendentista, di vittime e torturatori".
Poi, man mano che mi addentravo nella vicenda, ho capito che il fulcro principale del libro è la famiglia, coi suoi legami affettivi e (spesso) anaffettivi.
E’ una lettura molto bella quella di “Patria” : ci sono personaggi davvero ben costruiti, icastici, che sembra già di vedere raffigurati in un film (e pare che sarà tratto uno sceneggiato dal romanzo, che continua a essere ristampato a riprova dell’enorme successo europeo).
Lo scenario, quello dei Paesi Baschi dagli anni ’70 fino al primo decennio degli anni Duemila, è talmente vivido da diventare esso stesso personaggio.
Le birrerie, le strade di San Sebastián, l’industria siderurgica, la pioggia che cade spesso e volentieri, le biciclette, il pesce fritto, ma anche la religiosità tutta particolare, la statua di Sant’Ignazio che raccoglie le preghiere, le scritte sui muri…
Non racconto la vicenda, che è comunque descrivibile come l’irrompere della violenza terrorista fra due famiglie, da parti opposte della barricata ma di fronte a un dolore comune e diffuso.
Ogni componente delle due famiglie reagisce e racconta in base al proprio sguardo, alla propria maniera di sentire. Il tono dei brevi e numerosi capitoli cambia in base a chi è il personaggio del quale si assume in quel momento il punto di vista, senza che la successione degli eventi raccontati segua un filo temporale, ma lasciando che le parole saltino dentro e fuori dal passato e dal presente.
La stessa punteggiatura (non assente ma spesso assai rarefatta) è usata in modo sapientissimo per rendere lo scorrere del fiume di ricordi e di pensieri, con ritmo colloquiale, quasi da flusso di coscienza. Vengono in mente le chiacchierate torrenziali delle donne mediterranee, che qui sono sempre motore di iniziativa e decisione.
L’ideologia indipendentista e i suoi ingannevoli simboli ne escono ridimensionati, di fronte alla statura delle vittime, in questa storia dove vittime lo sono tutti, sia i bersagli sia i tiratori.
La riconciliazione e il perdono non hanno niente di enfatico, sono nascosti nel sorriso beffardo delle stupende mogli e madri protagoniste, Bittori e Miren.
* Ferdinando Aramburu, Patria
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