Eros e Thanatos (“La Scelta di Sophie” di William Styron)




La scelta di Sophie è un libro singolare.
Opera monumentale che sembra contenere tanti generi in uno. 
La vicenda credo che sia universalmente nota, anche grazie al film di Alan Pakula, con Meryl Streep nel ruolo di Sophie, premiata con un Oscar a 36 anni per questo ruolo. 
Penso anzi che il film abbia cannibalizzato il libro, un po’ come è successo per “Colazione da Tiffany”.
E come in quel caso, la necessità di semplificazione della pellicola cinematografica ha finito per far dimenticare la complessità del romanzo da cui è tratta. 
La stessa figura di Sophie, magistralmente dipinta nel romanzo come donna contraddittoria, passionale, senza speranza ma al contempo frivola, bugiarda e pavida, viene messa in ombra dall’interpretazione di Meryl Streep, che ne attenua (fino alla scomparsa in alcuni casi) gli aspetti più “scabrosi”.

Il romanzo è stato scritto a fine anni ’70, ma se uno lo legge senza saperlo, potrebbe benissimo essere stato scritto negli stessi anni in cui si svolge la vicenda (nel 1947, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale), proprio per l’abilità con cui si descrive la New York di quell’epoca, giungla di acciaio e asfalto ma anche luna park in riva all’oceano, grande melting pot ancora dotato di anima.

Il ritmo è discontinuo, anche se non riesco a considerare questa disomogeneità un vero e proprio difetto.
Styron usa espedienti narrativi che permettono di passare nel giro di poche righe da Coney Island a Auschwitz, riesce a stratificare la storia di Sophie , svelandola per cerchi concentrici, grazie anche alle difficoltà della protagonista nel raccontare fino in fondo la sua terribile vicenda.
La riflessione poi spesso si allarga, dal piano storico a quello universale, come spesso accade quando si prova a descrivere ciò che non può essere spiegato, come i campi di concentramento nazisti e la banalità del male in essi agito. 
Parallelamente corre la storia d’amore, tra Sophie e Nathan, ma anche tra Stingo e Sophie: un fantastico ménage a trois che non può non ricordare Jules et Jim, per più motivi (incluso il fatto che anche in questo caso il film ha messo in ombra il libro di Roché!). 

Mi sono chiesta però perché l’autore abbia voluto inserire tutta la prima parte, dedicata all’arrivo del protagonista e voce narrante, l’aspirante scrittore Stingo, a New York e alle sue prime ridicole esperienze come impiegato. La cesura con l’atmosfera di tutto il resto del romanzo è netta. 

In generale poi c’è una certa ripetitività di situazioni e riflessioni: non si spiegherebbero altrimenti le 600 pagine del libro. Devo però ammettere che non è mai una lungaggine molesta: vince l’ironia del narratore (forse alter ego dell’autore), la sua profonda sensibilità di giovane scrittore, il grande amore per la vita che nonostante tutto irrompe, come il mattino che chiude il romanzo. 

*La scelta di Sophie, William Styron



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