Ideologie e Ipocrisie ("Ho sposato un comunista" di Philip Roth)
Stiamo parlando del
Maestro, o del Grande Vecchio, come più si preferisce.
Sono
sufficientemente timorata e rispettosa per non sapere neanche da che
parte cominciare.
Per cui sarò molto
breve.
Di fronte a Philip
Roth serve sintesi, essenzialità, osso.
Questo romanzo fa
parte della cosiddetta trilogia americana, insieme a “Pastorale americana” e
a “La macchia umana”: è una cosa che è bene sapere prima di
leggerlo perché è dell’America che si parla e della sua
ipocrisia, dei suoi snodi storici fondamentali (qui siamo negli anni
Cinquanta in pieno maccartismo), visti attraverso lo sguardo
meravigliosamente nitido di Roth.
Cose che mi hanno
commosso in questo libro, e che mi fanno pensare che il Grande
Vecchio sia davvero grande:
- il discorso che il
padre di Nathan Zuckerman fa a Ira Ringold prima di mandarlo con lui
nella casetta sul lago: è un discorso bellissimo, di amore e
responsabilità di un padre verso un figlio.
- Il personaggio di
Murray Ringold: il fratellone protettivo, l’insegnante sempre con
la cravatta, il padre e marito affettuoso e l’uomo che ha cercato
di salvarsi con la letteratura e l’etica.
- La citazione
shakespeariana nel finale. E tutto lo Shakespeare che si respira nel
lungo racconto della vita di Iron Rinn (o Ira Ringold) fatto dal suo
novantenne fratello Murray.
Per fortuna che c’è
Roth. Soprattutto durante il periodo natalizio.
* Ho sposato un
comunista, Philip Roth
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