Our Gang ("Lo schiavista" di Paul Beatty)



Libro intelligentissimo, affollatissimo, sarcastico, paradossale, scoppiettante, autoironico, amaro, colto, acutissimo.

Tuttavia... ho faticato tantissimo a leggerlo, e ad arrivare in fondo.

Il limite credo sia principalmente mio. Che non conosco i personaggi televisivi, politici e comunque notie influenti della società statunitense (in particolare californiana, in particolare di Los Angeles) e neanche il pantheon afroamericano.

Mi sono persa purtroppo una buona parte delle citazioni, dei riferimenti, e credo anche delle battute che Paul Beatty dispensa nel romanzo.

Il paradosso sta tutto nella società statunitense che non ha mai davvero superato la discriminazione (e il razzismo) verso gli afroamericani, pur avendo avuto Colin Powell, Condoleeza Rice e persino Barack Obama: e quindi, perché non ripristinare la segregazione, come atto volontario di orgoglio afroamericano, per salvare una distintività che va scomparendo e un popolo nero che va omologandosi? Ed ecco che a Dickens (quartiere di fantasia di Los Angeles, ghetto nero ad alto tasso di criminalità) si ripristinano confini tra neri e bianchi, compaiono cartelli per i posti riservati alle persone di colore nei bus, negli ospedali, nelle università.

Il tutto grazie all'improbabile iniziativa di Bonbon e del suo "schiavo" Hominy Jenkins (ex attore delle "Simpatiche canaglie"), due dei protagonisti stralunati di questa storia

La trovata è davvero potente, quasi spiazzante; tuttavia il linguaggio e lo sviluppo della vicenda, caotici entrambi, forse sono più adatti a un pubblico colto (ma molto colto) statunitense. Troppo compiacimento ha spezzato la forza del messaggio.


* Paul Beatty, Lo schiavista 





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