Toni di grigio (“Se questo è un uomo” di Primo Levi)




Come molti, io questo libro lo avevo già letto. 
Ma adesso sono una persona adulta, diversa, sicuramente una lettrice più attenta e preparata.
Sarebbe paradossale mettersi ad analizzare, di questo libro, lo stile o la credibilità della vicenda.
E’ lo stesso Primo Levi che dichiara, nell’appendice, di non essersi mai preoccupato dello stile.
In fondo lui era un chimico. E in questo libro vuole essere solo testimone dei fatti che ha vissuto. 
Arriva anche a dire che se non fosse stato deportato ad Auschwitz non sarebbe probabilmente diventato scrittore, perché non avrebbe sentito l’urgenza di raccontare.
Non resta molto altro da aggiungere. 
Se non la reazione di una donna adulta, quale io adesso sono,  di fronte a certe immagini, a certe parole. 
Il grigio mi ha avvolto: grigio il campo, grigi i volti degli “Häftling” (i prigionieri), grigio il pezzo di pane quotidiano, grigia la zuppa, grigio il fango, grigio il terribile inverno polacco, grigi gli stracci che servono a coprirsi, grigi i morti.
Sembra a prima vista grigio anche il linguaggio di Primo Levi, che ricorda e testimonia, con precisione ma mai con monotonia. 
Sembra, appunto. Perché in realtà non è. 
Invece di tentare di spiegare io (malamente) cosa intendo quando mi riferisco a una testimonianza piana ma mai monotona e grigia, trascrivo qui un piccolo brano, tratto dal capitolo primo, intitolato “Il viaggio”. 
I deportati sono arrivati al campo di annientamento, come lo definisce Levi, e vengono fatti scendere dal treno e smistati dalle SS, che selezionano gli uomini più robusti e adatti al lavoro, mandando direttamente tutti gli altri (donne, bambini e anziani) ai crematori di Birkenau e Buna-Mònowitz:

Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte”.

Ecco le parole del testimone Primo Levi, ecco la sua cronaca che è letteratura, la sua vita che è Storia. 



*Primo Levi, Se questo è un uomo








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